Scarti di marmo e gestione rifiuti lapidei: obblighi e rischi sanzionatori

Introduzione

 

La lavorazione del marmo genera inevitabilmente scarti, fanghi e residui lapidei che, se non correttamente gestiti, possono esporre le imprese a sanzioni amministrative e penali molto pesanti.

Molti marmisti considerano questi materiali “sottoprodotti naturali”, ma la normativa italiana ed europea è molto chiara: gli scarti di marmo sono rifiuti speciali e devono essere gestiti nel rispetto del D.Lgs. 152/2006 (Testo Unico Ambientale).

Ignorare o sottovalutare gli obblighi in materia ambientale può comportare multe da migliaia di euro, sequestri di mezzi o impianti, e perfino responsabilità penali per il titolare dell’impresa.

In questo articolo vedremo in modo pratico e comprensibile:

  • come classificare correttamente gli scarti lapidei;
  • quali sono gli obblighi legali per le imprese marmiste;
  • cosa prevede la legge per trasporto, deposito e recupero;
  • le sanzioni previste in caso di violazione;
  • e come tutelarsi con una gestione documentale corretta.

Cosa si intende per “rifiuti lapidei

Nel settore del marmo, si considerano rifiuti lapidei:

  • blocchi e scaglie di marmo non più utilizzabili;
  • fanghi derivanti dal taglio o dalla lucidatura;
  • polveri e residui di lavorazione;
  • sfridi provenienti da segagione, fresatura o levigatura.

Rifiuto o sottoprodotto?

La distinzione tra rifiuto e sottoprodotto è cruciale. Infatti, un residuo di produzione che non è considerato rifiuto, ma una materia prima secondaria che può pertanto essere riutilizzata.
Secondo l’art. 184-bis del D.Lgs. 152/2006, un materiale può essere considerato sottoprodotto e non rifiuto solo se:

  1. deriva da un processo produttivo di cui costituisce parte integrante;
  2. può essere riutilizzato senza ulteriori trattamenti diversi dalla normale pratica industriale;
  3. ha un valore economico effettivo e un utilizzo certo;
  4. soddisfa tutti i requisiti ambientali e di sicurezza.

Nel settore lapideo, questa condizione è spesso difficile da dimostrare. I fanghi di lavorazione o le scaglie di marmo sono quasi sempre considerati rifiuti speciali non pericolosi, classificati con codice CER 010413.

La normativa di riferimento

Gli obblighi ambientali per le imprese marmiste derivano principalmente da:

  • D.Lgs. 152/2006, Parte IV – Norme in materia di gestione dei rifiuti;
  • Regolamento (UE) 1357/2014, sulla classificazione di pericolosità dei rifiuti;
  • D.M. 3 giugno 2014, n. 120, sull’Albo Gestori Ambientali;
  • D.Lgs. 231/2001, in tema di responsabilità amministrativa per reati ambientali.

Queste norme impongono una gestione rigorosa dei materiali di scarto e una tracciabilità completa dal momento della produzione fino allo smaltimento o recupero.

Obblighi principali per le imprese marmiste

Classificazione dei rifiuti

Ogni tipologia di scarto deve essere classificata con un codice CER (Catalogo Europeo dei Rifiuti), in base all’origine e alla composizione.
Per il marmo e le pietre naturali, i codici più comuni sono:

  • 010413 – rifiuti prodotti dalla lavorazione della pietra;
  • 010410 – polveri e fanghi di marmo non contenenti sostanze pericolose;
  • 010409 – scarti di sabbie o fanghi contenenti sostanze pericolose (rari ma possibili).

💡 È importante tenere un registro aggiornato con la quantità, l’origine e la destinazione di ogni tipo di rifiuto.

Deposito temporaneo in azienda

Le imprese possono conservare i rifiuti nel luogo di produzione solo come deposito temporaneo, in attesa di smaltimento o recupero.
Le condizioni principali sono:

  • il deposito deve avvenire in aree impermeabilizzate e delimitate;
  • i materiali vanno separati per tipologia;
  • i contenitori devono riportare etichette leggibili con codice CER e data di inizio deposito;
  • i rifiuti devono essere avviati a smaltimento almeno ogni 3 mesi, o comunque non superare i 30 metri cubi totali (10 di pericolosi).

Un deposito gestito in modo scorretto può essere considerato discarica abusiva, con conseguenze penali.

Trasporto dei rifiuti

Il trasporto dei rifiuti lapidei può avvenire:

  • in conto proprio, se l’impresa è iscritta all’Albo Gestori Ambientali (categoria 2-bis);
  • tramite trasportatore autorizzato, iscritto all’Albo (categoria 4 o 5).

Durante il trasporto è obbligatorio compilare il Formulario di Identificazione dei Rifiuti (FIR), che accompagna sempre il carico fino al luogo di destinazione.

Senza FIR, il trasporto è considerato illecito e comporta sanzioni severe.

Smaltimento o recupero

Gli scarti di marmo devono essere conferiti a impianti di recupero o smaltimento autorizzati.
In molti casi, i rifiuti lapidei possono essere recuperati come aggregati per edilizia, ma solo se:

  • l’impianto è autorizzato al trattamento del codice CER corrispondente;
  • vengono rispettati i limiti chimici previsti dal D.M. 5 febbraio 1998 e s.m.i.;
  • viene emesso un certificato di avvenuto recupero.

Il conferimento a siti non autorizzati (anche se di proprietà del produttore) è considerato abbandono o gestione illecita di rifiuti.

Tenuta dei registri e documentazione

Le imprese devono:

  • tenere un Registro di carico e scarico dei rifiuti aggiornato (art. 190 D.Lgs. 152/2006);
  • conservare i formulari FIR per almeno 5 anni;
  • trasmettere annualmente il Modello Unico di Dichiarazione ambientale (MUD) alla Camera di Commercio.

Dal 2024 è in corso la transizione verso il nuovo Registro Elettronico Nazionale (RENTRI), che digitalizzerà la tracciabilità dei rifiuti.

Rischi e sanzioni per la gestione irregolare dei rifiuti di marmo

Abbandono o deposito incontrollato di rifiuti

  • Art. 192 D.Lgs. 152/2006
  • Sanzione: arresto fino a 2 anni o ammenda fino a 26.000 euro.
    È la violazione più frequente, spesso legata al deposito non conforme di scarti in aree aziendali non autorizzate.

Trasporto non autorizzato

  • Art. 256, comma 1, lett. a)
  • Sanzione: arresto fino a 2 anni e ammenda da 2.600 a 26.000 euro.
    Vale anche per il trasporto occasionale senza iscrizione all’Albo Gestori o senza formulario FIR.

Smaltimento abusivo o discarica non autorizzata

  • Art. 256, comma 3
  • Sanzione: arresto fino a 2 anni e ammenda da 2.600 a 26.000 euro, raddoppiata se i rifiuti sono pericolosi.
    Nei casi gravi, è previsto anche il sequestro preventivo del cantiere o dell’impianto.

Omessa tenuta dei registri o falsificazione

  • Art. 258 D.Lgs. 152/2006
  • Sanzione amministrativa: da 2.600 a 15.500 euro per la mancata tenuta o l’irregolare compilazione del registro o del FIR.
  • Se vi è falsificazione o uso di documenti falsi → reato penale.

Responsabilità amministrativa dell’impresa

Ai sensi del D.Lgs. 231/2001, i reati ambientali (come gestione illecita di rifiuti o discarica abusiva) possono comportare:

  • sanzioni pecuniarie fino a 1.5 milioni di euro;
  • interdizione dall’esercizio dell’attività;
  • confisca dei mezzi utilizzati per il trasporto o la gestione illecita.

Come evitare rischi e sanzioni

  1. Classifica correttamente gli scarti con il giusto codice CER.
  2. Iscriviti all’Albo Gestori Ambientali, anche solo per il trasporto in conto proprio.
  3. Conserva sempre FIR e registri, anche in formato digitale.
  4. Conferisci solo a impianti autorizzati e richiedi copia delle autorizzazioni.
  5. Forma il personale sulla gestione dei rifiuti e aggiorna il DVR.
  6. Verifica periodicamente le procedure con il supporto di un consulente legale o ambientale.

Casi frequenti nel settore del marmo

  • Deposito fanghi in area scoperta: considerato abbandono di rifiuti anche se in azienda propria.
  • Vendita di scarti a terzi senza tracciabilità: configurabile come gestione illecita.
  • Conferimento a impianti non iscritti all’Albo: responsabilità solidale dell’impresa produttrice.
  • Trasporto da parte di terzi senza FIR: sanzione per entrambi i soggetti coinvolti.

Conclusione

La gestione degli scarti di marmo non è solo una questione ambientale, ma una tutela giuridica per l’impresa.
Una documentazione completa e una gestione conforme alle norme evitano sanzioni, sequestri e danni reputazionali.

Oggi più che mai, il rispetto della normativa ambientale è anche un vantaggio competitivo: dimostra serietà e affidabilità nei confronti di clienti e committenti pubblici.

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F.A.Q. 

  1. Gli scarti di marmo sono rifiuti o sottoprodotti?
    Nella maggior parte dei casi, sono rifiuti speciali non pericolosi. Solo se riutilizzati direttamente e senza trattamenti possono essere considerati sottoprodotti.
  2. Quanto tempo posso tenere i rifiuti in deposito?
    Massimo 3 mesi o fino a 30 metri cubi totali. Superare questi limiti può configurare discarica abusiva.
  3. Posso trasportare i miei fanghi di marmo senza iscrizione all’Albo?
    No, è necessario essere iscritti all’Albo Gestori Ambientali (categoria 2-bis) anche per il trasporto in conto proprio.
  4. Quali documenti devo conservare?
    Registro di carico e scarico, formulari FIR e copia delle autorizzazioni degli impianti di smaltimento o recupero.
  5. Quali sono le sanzioni per gestione illecita dei rifiuti di marmo?
    Multe fino a 26.000 euro, arresto fino a 2 anni e, nei casi gravi, sequestro dell’impianto o responsabilità penale dell’impresa.